Considerare il Disturbo da Alimentazione Incontrollata un vero e proprio DCA: in effetti, dalla sua iniziale comparsa ai giorni nostri, questo disturbo si è rivelato essere ben più diffuso di quanto ci si potesse aspettare. In secondo luogo esso si differenzia su molte caratteristiche rispetto ai DCA e alle altre manifestazioni patologiche relegate alla categoria NAS, come ad esempio, il suo esordio più tardivo (verso i quaranta anni), piuttosto che in adolescenza o nella prima età adulta, il suo colpire in egual misura donne e uomini, piuttosto che prevalentemente donne, e di presentarsi comunemente associato all'obesità.
La versione aggiornata del disturbo nel DSM-5 comprende i seguenti criteri diagnostici:
A. Ricorrenti abbuffate. Una abbuffata è caratterizzata da entrambi i seguenti elementi:
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mangiare in un definito periodo di tempo (ad es. un periodo di due ore), una quantità di cibo significativamente maggiore di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso tempo ed in circostanze simili
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sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (ad es. sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando).
B. Gli episodi di abbuffata sono associati con tre (o più) dei seguenti aspetti:
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mangiare molto più rapidamente del normale
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mangiare fino a che non ci si sente spiacevolmente pieni
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mangiare una grande quantità di cibo quando non ci si sente affamati
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mangiare da soli a causa dell'imbarazzo di quanto si sta mangiando
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sentirsi disgustati di se stessi, depressi o in colpa dopo l’abbuffata
C. E’ presente grosso disagio riguardo agli episodi di abbuffata
D. Gli episodi di abbuffata si verificano mediamente almeno 1 volta a settimana nel corso di 3 mesi
E. Le abbuffate non sono associate con un regolare uso dei comportamenti compensatori inappropriati (vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici, clisteri e il digiuno o l’esercizio fisico eccessivo) e non si manifestano esclusivamente nel corso di Anoressia Nervosa o di Bulimia Nervosa.
A proposito di quest’ultimo criterio, la caratteristica principale che distingue la Bulimia dal Disturbo da Alimentazione Incontrollata, a fronte della comune percezione di non poter smettere di mangiare o di controllare cosa e quanto si sta mangiando, è invece l’assenza di manovre di eliminazione (induzione del vomito, assunzione di diuretici o lassativi) o di altri comportamenti compensatori (attività fisica sostenuta).
L'abbuffata riveste in questo contesto un notevole potere “anestetizzante”, riducendo ansia e vissuti genericamente penosi, ma in breve tempo, a prevalere sono sentimenti di malessere, prostrazione, disgusto, vergogna e senso di colpa. Il cibo diviene allora mezzo preferenziale per fuggire da emozioni e pensieri sgradevoli, per alleviare la sofferenza psichica, per poi trasformarsi rapidamente in nemico contro cui combattere. Contemporaneamente la stessa condizione di sovrappeso finisce per rappresentare una sorta di “rifugio della mente”, tanto protettivo quanto alienante.
Per tali ragioni il trattamento terapeutico dei Disturbi da Alimentazione Incontrollata dovrebbe configurarsi come approccio multidisciplinare integrato che prenda in considerazione la complessità di un problema multideterminato, evitando le facili trappole di una risoluzione diretta del sintomo, che non comprenda cioè una corretta valutazione della struttura di personalità sottostante e del dolore che il sintomo esprime, di eventuali comorbilità psicopatologiche che possono incidere notevolmente sul decorso clinico, e dello spostamento del sintomo da una sindrome ad un’altra.
Proprio la complessità del disturbo richiede una presa in carico integrata da parte di una equipe di specialisti: colloqui preliminari, un lavoro di terapia individuale o di gruppo, terapie espressive, monitoraggio dei parametri medico-nutrizionali, un supporto per le famiglie, l’eventuale ricorso ad una consulenza psichiatrica, un percorso in continuità con le strutture ambulatoriali.
T.C